“Non può esistere l’assimilazione tra essere favorevoli alle garanzie e essere complici dei criminali. Considerare un inchino alla mafia la visita di un gruppo di parlamentari ad alcuni detenuti rappresenta per me una vera indecenza”
Tratto dadell’8 febbraio 2023
di Ermes Antonucci
Roma. “Non può esistere l’assimilazione tra essere favorevoli alle garanzie e essere complici dei criminali. Considerare un inchino alla mafia la visita di un gruppo di parlamentari ad alcuni detenuti rappresenta per me una vera indecenza. Se domani andassi a visitare un detenuto rapinatore, sarei accusato di essere complice del rapinatore? Questa è l’impostazione peggiore che hanno i forcaioli, che attribuiscono ai garantisti le colpe di coloro rispetto ai quali si chiede il rispetto delle garanzie”. Con queste parole, intervistato dal Foglio, Enrico Costa, vicesegretario e responsabile giustizia di Azione, commenta gli attacchi lanciati dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e dal deputato Giovanni Donzelli contro i parlamentari dem colpevoli di aver visitato l’anarchico Alfredo Cospito e altri detenuti reclusi al 41 bis. Una vicenda, a detta di Costa, persino “più grave della fuoriuscita dal Dap dei documenti riservati riguardanti i colloqui di Cospito”: “Su questo aspetto dal ministro Nordio mi sarei aspettato quantomeno una presa di posizione, invece c’è stato un silenzio tombale. Quando il ministro invece venne in Parlamento a presentare la relazione sull’amministrazione della giustizia io apprezzai il suo richiamo a smettere di alimentare l’idea che chi difende le garanzie del processo, la presunzione di innocenza, l’inviolabilità della libertà personale e anche delle comunicazioni sia complice dei criminali, sia colluso, sia un favoreggiatore dei delinquenti. Si tratta di principi costituzionali”.
Costa, che è anche presidente della giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, era stato critico anche nei riguardi della nota con cui il Guardasigilli aveva minimizzato la fuoriuscita dal suo ministero dei colloqui riservati (seppur non segreti) di Cospito al 41 bis: “Consiglio di rileggere gli scritti che Carlo Nordio ha pubblicato in questi anni, così diretti, illuminati, fluenti – aveva affermato Costa – e di confrontarli con il comunicato in burocratese che ha firmato ora per assolvere i compagni di partito”. E qui si giunge al vero nodo della questione: “Non credo che Giorgia Meloni abbia scelto Nordio per fare il burocrate. Ora siamo di fronte a un bivio: tra il Nordio politico liberale e il Nordio che amministra l’esistente”.
E dunque? “Noi come Azione abbiamo dato un’apertura di credito a Nordio perché ci hanno convinto le proposte che ha fatto: separazione delle carriere, riforma della prescrizione, dell’abuso d’ufficio, delle intercettazioni. Il problema è che le cose le ha dette, ma ora c’è qualcuno che non gliele lascia fare. C’è un freno a mano tirato da alcuni esponenti della maggioranza. Ma fino a quando Nordio potrà continuare a piegarsi?”, si chiede Costa.
Alla schiettezza di Azione delle ultime ore (anche Carlo Calenda si è detto “delusissimo” da Nordio, per la sua “copertura ridicola a Delmastro”) fa da controcanto il silenzio dell’altra compagine del Terzo polo, cioè Italia viva. Su tutta la vicenda, infatti, i renziani continuano a non assumere posizioni nette. Il rischio, hanno riferito fonti di Italia viva a questo giornale nei giorni scorsi, è che le giuste critiche nei confronti dell’indecente operato di Delmastro e Donzelli finiscano per indebolire anche Nordio, uno dei pochi ministri su cui il partito ripone fiducia e pro- positi riformatori. Fatto sta che il leader di Azione, Carlo Calenda, si è detto d’accordo anche con l’idea di una mozione di censura unitaria con Pd e M5s non solo nei confronti di Delmastro ma anche di Giovanni Donzelli. “Su Nordio ognuno fa le sue valutazioni politiche”, dice Costa. “Sapevamo fin dall’inizio che si sarebbe collocato all’interno di un governo che non condivide in maniera totale le sue posizioni. Quello che è avvenuto in questi giorni non attiene al programma di governo, ma lascia intendere dove tira il vento”.
Ma quanto è concreta la possibilità che, costretto continuamente a soddisfare le domande giustizialiste, spesso rinnegando i propri ideali, Nordio decida veramente di dimettersi dal suo ruolo di ministro della Giustizia? “Nordio è una persona libera, garbata, capisce che in certe situazioni bisogna trovare compromessi. Ma con uno come lui, a cui non interessava neanche fare politica, consiglio di non tirare troppo la corda”, confida Costa. “Non è una persona che tradisce la sua storia per fare contenti quattro forcaioli”.