Per i sostenitori la contiguità tra giudici e pm rende i primi non imparziali nel giudizio e vìola la «parità delle parti». Secondo i contrari questa parzialità non è dimostrata e il rischio è di creare un magistrato succube dell’esecutivo
Tratto da
del 21 maggio 2021
Il dibattito sulla separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti ha preso l’avvio all’indomani dell’entrat in vigore della riformad del codice li procedura penale del 1989. La cosiddetta riforma Vassalli – dal nome del giurista e allora ministro della Giustizia Giuliano Vassalli – ha trasformato il nostro sistema processuale penale da inquisitorio ad accusatorio.
Nel modello inquisitorio italiano esisteva la figura, oggi eliminata, del giudice istruttore, che presiedeva alla fase preliminare del processo, raccoglieva le prove avvalendosi della polizia giudiziaria e poi le esaminava In questa fase la difesa non aveva alcun ruolo e si concludeva con una decisione dello stesso giudice istruttore che valutava le prove e, se riteneva che l’indagato non fosse colpevole, lo proscioglieva. Altrimenti disponeva il suo rinvio a giudizio e a quel punto seguiva una fase processuale davanti a un diverso giudice. Il giudice istruttore, dunque, aveva anche funzioni latamente giudicanti e non solo di indagine.
Con il nuovo rito processuale penale, invece, il pubblico ministero esercita l’azione penale, svolge le indagini e poi rappresenta la pubblica accusa nel processo, ma nella fase delle indagini i suoi atti sono autorizzati dal giudice per le indagini preliminari eil dibattimento si svolge davanti a un altro giudice. Tuttavia l’esame di magistratura è unico, come lo è l’ordine giudiziario, e chi lo supera può scegliere di diventare pubblico ministero o magistrato giudicante e nel corso della carriera può anche passare da uno all’altro.
I tentativi di modifica
Il tema della separazione delle carriere viene culturalmente portata avanti dallUnione camere penali italiane, ma sul piano parlamentare è una battaglia storica del partito Radicale di Marco Pannella Nel 1999 il principio del giusto processo è stato recepito nell’articolo 111 della Costituzione, che stabilisce che «ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo ned imparziale»e il 21 maggio del 2000 gli italiani sono stati chiamati a votare a un referendum per la separazione delle carriere, promosso da Radicali socialisti e partito Repubblicano nel referendum però, non ha raggiunto il quorum anche perché Forza Italia, che all’epoca era all’opposizione di governi di centrosinistra (Giuliano Amato era da poco subentrato a Massimo D’Alema a palazzo Chigi, ndr), voleva promuovere quella riforma tornando al governo. Per questo ha invitato i propri elettori ad astenersi E infatti, tornato al governo nel 2001 Silvio Berlusconi ha iniziato l’iter parlamentare per la separazione delle carriere: la “riforma Castelli” è stata licenziata nel 2002 iniziando un lungo iter parlamentare.
Nel 2004 il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a rinviato la riforma alle camere sottolineandone alcuni profili di incostituzionalità e la riforma è stata approvata, ma senza la separazione delle carriere. un tentativo di dividere i percorsi delle toghe è stata fatto anche dal governo Prodi II, con la “riforma Mastella” del 2007, che ha introdotto alcuni limiti al passaggio da pm a giudice: non più di quattro volte in carriera e solo dopo aver svolto le stesse funzioni per alneno cinque anni.
Nel 2013 il partito Radicale ha tentato, senza fortuna, un’altra raccolta firme per la separazione delle carriere. Nel 2017 l’Unione camere penali italiane ha promosso un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare che prevedeva la separazione delle carriere e l’istituzione di due Consigli superiori della magistratura, ha raccolto oltre 72mila firme e l’iter parlamentare è iniziato nel luglio del 2020.
Ora si è tornati a parlare del tema grazie a due ulteriori iniziative. la prima è stata promossa dal deputato di Azione, Enrico Costa, che ha presentato un emendarnento al decreto Covid (che disdplina anche le regole eccezionali per il prossimo concorso in magistratura} che prevede a pena di inammissibilità che il candidato dichiari se vuol svolgere funzione requirente o giudicante. L’emendamento, che è stato sottoscritto anche dal centrodestra e da Italia viva, ha poche possibilità di passare, ma è un’avvisaglia.
I.a separazione delle carriere, poi, è anche l’oggetto di uno dei dieci referendum per i quali i Radicali raccoglieranno le finne con l’appoggio della Lega .
Le ragioni della separazione
I sostenitori della separazione delle carriere fanno risalire quest’esigenza alla logica che chi giudica non può accusare e viceversa.
Dal punto di vista dei principi costituzionali, l’ancoraggio sta nel «giusto processo» enunciato all’articolo 111, che prevede la parità effettiva e sostanziale di accusa e difesa davanti a un giudice terzo. Una parità che non sarebbe possibile se l’accusa e il giudice appartengono allo stesso ordine giudiziario e possono anche invertirsi i ruoli nel corso della carriera La prima garanzia della terzietà, infatti, sarebbe la separazione del ruolo del giudice rispetto a chi rappresenta una parte.
«Alla separazione delle funzioni non può che corrispondere una separazione della carriere», era uno degli slogan delle Camere penali proprio all’indomani dell’approvazione della riforma Vassalli. «È assolutamente impensabile che da un giorno all’altro chi ha combattuto il crimine da una parte della barricatasi trasformi improvvisamente nel garante imparziale di chi criminale potrebbe non essere» si legge nella scheda che accompagnava il referendum abrogativo respinto nel 2000.
Inoltre il pericolo, secondo i sostenitori della divisione, è che la contiguità tra giudici e pubblici ministeri, che deriva dall’appartenere alla stessa carriera, produca in concreto una maggior predisposizione dei giudici a prestare attenzione alle tesi dell’accusa.
Infine l’unicità della carriera in magistratura in un sistema accusatorio è considerata una peculiarità italiana: gli ordinamenti dei più importanti Paesi occidentali, infatti, prevedono percorsi divisi. La separazione delle carriere, tuttavia, non minerebbe all’autonomia e all’indipendenza della magistratura perché il pubblico ministero rimarrebbe parte del potere giudiziario. Nessuna proposta. infatti, prevede la subordinazione del pm al potere esecutivo.
Le ragioni dei contrari
La magistratura assodata è storicamente contraria Alla tesi che l’eccessiva contiguità tra giudici e pm creerebbe condizionamento, una delle obiezioni è che si tratti di un indimostrato sospetto che non ha alcun riferimento nei dati, un’altra è che sulla base dello stesso presupposto andrebbero separate anche le carriere dei giudici di appello e quelle dei giudici in primo grado.
La ragione dell’esistenza di un’unica carriera è che il pm è un magistrato che rappresenta la “parte pubblica“e come tale ricercala verità processuale e non quella di parte, dunque il principio della parità non comporta che difesa e accusa siano omogenee. Come ha scritto su Giustizia insieme il magistrato Armando Spataro, «sulla parità tra pm e difensore bisogna dire altro ed avere l’onestà di riconoscere che essa non sussiste se riferita al piano istituzionale che vede i due ruoli completamente disomogenei: il difensore è un privato professionista vincolato dal solo mandato a difendere, che lo obbligaa ricercare l’assoluzione a prescindere dal dato sostanziale della colpevolezza o innocenza». Inoltre, separando le carriere e isolando quella del pm, si creerebbe un inedito potere: quello dei magistrati inquirenti, che verrebbe nei fatti attratto dal potere eserutivo fino a fagli perdere la necessaria indipendenza.
Le iniziative parlamentari e referendarie hanno riacceso il dibattito, che tuttavia rischia di venire influenzato anche dal fattore esterno dell’attuale crisi della magistratura dopo gli scandali Palamara e della loggia Ungheria
Giulia Merlo