Giustizia, la riforma del Csm è già un mezzo pasticcio

Giustizia, la riforma del Csm è già un mezzo pasticcio

La proposta del costituzionalista Luciani non convince: ancora potere alle correnti nelle elezioni

Tratto da
1280px Il Giornale Logo.svgdel 5 giugno 2021

Un mezzo passo indietro, anzi due. Non vengono sigillate le porte girevoli per chi torna dalla politica in magistratura e all’orizzonte del Csm si profila un sistema di voto che fa perno sulle preferenze multiple: per Enrico Costa di Azione è una riforma «spazzacorrenti», ma per Pierantonio Zanettin di Forza Italia è solo «un pasticcio è una strada verso il peggio».

Di fatto è una riunione interlocutoria quella che mette insieme il ministro Marta Cartabia e i capigruppo della Commissione giustizia della maggioranza.
Si ascoltano le proposte elaborate dai tecnici della squadra del costituzionalista Massimo Luciani ma non ci sono ancora i testi scritti e sui granelli dell’approssimazione è facile scivolare.
«Qualcosa si è guastato – spiega Cartabia – nel rapporto fra la magistratura e il popolo nel cui nome la magistratura esercita. Occorre ricostruirlo». Poi, per chi non avesse capito, cita il presidente della repubblica Sergio Mattarella e ancora un Giovanni Falcone come sempre spiazzante: «Autonomia e indipendenza della magistratura, che non siano coniugate a efficienza del servizio, sono privilegi di casta e non sono compresi dalla società».

Bisogna voltare pagina, ma come? Per i tecnici chiamati dal ministro dev’esserci la possibilità di rimettere la toga dopo un’esperienza in politica. È un tema incandescente, al centro di infinite polemiche che si trascinano da anni, ma Luciani e la sua Commissione non se la sentono di mettere uno stop definitivo al pendolarismo. Ipotizzano filtri e dissuasori, ma non il blocco dei passaggi. Le toghe dovranno riprendere in un’altra regione; inoltre vengono fissati per le nomine dei vertici «criteri più oggettivi degli attuali indicatori attitudinali» e si ipotizza una riduzione degli scambi: da pm a giudice e viceversa con tempi lunghi sul rosso del semaforo e due sincronizzazioni sul verde nel corso della carriera. Insomma, si ricama sul dettaglio, ma è una svolta timida rispetto alle aspettative dell’opinione pubblica e alla sempre evocata e sempre
lontanissima separazione delle carriere.

Altro terreno scivoloso è quello dell’ingresso al Csm: il ministro si tiene alla larga dall’ipotesi del sorteggio, lanciata da Carlo Nordio, magistrato autorevolissimo, come unica soluzione possibile per recidere i tentacoli delle correnti nel sancta sanctorum della giustizia. Dunque, Luciani si affida alla formula del voto singolo trasferibile, che permette all’elettore di esprimere più preferenze, indicando anche l’ordine dei candidati.

«L’abbiamo ribattezzata Spazzacorrenti – esulta Costa – perché con questo sistema gli elettori votano per le persone. Il voto singolo trasferibile privilegia la statura del candidato, trasversalmente apprezzato». Ma è davvero così?
«Sono perplesso. – replica Zanettin – In collegi con corpi elettorali molto ristretti diventa facile controllare capillarmente il voto, attraverso terzine e quartine. Poi dopo il referendum sulla preferenza unica del 1991 diventa paradossale tornare alla preferenza multipla della Prima repubblica, riproponendone i temi bui. A questo punto è meglio mantenere l’attuale sistema che pure ha dimostrato di essere fallito. Ma non si può cambiare in peggio».

Si vedrà. In gioco ci sono sempre i miliardi del Recovery plan, ma la corsa cominciata con le riunioni precedenti sembra essersi inceppata. Almeno per oggi. Si attendono i testi scritti. E poi gli emendamenti del governo al testo base.

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