Cartabia: non si può perdere tempo, il Csm va cambiato. La proposta: il Quirinale scelga il vice presidente. Allo studio l’ipotesi di un’Alta Corte per i procedimenti disciplinari
Tratto da
del 5 giugno 2021
Riforma della giustizia, terzo atto. Dopo i codici civili e penali, stavolta la ministra Marta Cartabia illustra alla maggioranza le idee su come cambiare le carriere dei giudici, a cominciare dal Consiglio superiore della magistratura. È perfino ovvio che qui si parla dello scandalo Palamara. La ministra stessa non nasconde il problema. «Qualcosa si è guastato nel rapporto tra magistratura e popolo, nel cui nome la magistratura esercita. Occorre urgentemente ricostruirlo».
Non c’è da perdere un attimo. «Il dibattito pubblico e accademico – dice – da tempo è maturo e sicuramente i fatti di cronaca, che hanno riguardato la magistratura nei mesi più recenti, hanno reso improcrastinabili e più urgenti gli interventi in questo ambito».
Cartabia si riferisce al suk delle nomine, che tanto ha disorientato l’opinione pubblica. Richiamando le parole di Mattarella, dette a Palermo in memoria di Giovanni Falcone, la ministra richiama tutti i partiti all’obiettivo: «L’esigenza che la magistratura operi sempre, nei fatti e nella percezione dell’opinione pubblica, su solide basi di indipendenza. Esigenza sempre più urgente negli ultinù anni pertante ragioni». Ma c’entra anche l’efficienza del servizio. «La sfiducia dei cittadini passa anche per gli insostenibili tempi lunghi della risposta della giustizia».
Fatta questa premessa accorata e anche severa, ecco le proposte: il Csm potrebbe operare meglio se cambiasse il meccanismo di elezione, con metà dei membri che vengono eletti ogni quattro anni, e con una legge elettorale diversa dall’attuale, mutuando il sistema australiano a preferenza multipla. La magistratura, a sua volta,dovrebbe accettare una più rigida divisione tra le funzioni, con un massimo di due cambi di funzione (tra giudicante e inquirente) nel corso di una carriera.
Se un magistrato entrerà in politica, potrebbe tornare alla toga, ma solo cambiando regione. E prima di candidarsi, sarebbe indispensabile una decantazione di almeno 4 mesi. Quanto agli aspetti disciplinari, occorrerebbe una Alta corte distinta dal Csm. Ma per arrivarci serve una modifica della Costituzione e quindi, dati i tempi stretti di questa legislatura, inutile parlarne.
Anche il meccanismo di rinnovo parziale del plenum, peraltro, deve passare per una riforma costituzionale: servirebbe una modifica dell’articolo 104 della Costituzione per stabilire che il vicepresidente è nominato dal Capo dello Stato e non più eletto dai membri del Csm.
Ci si addentra, insomma, negli aspetti più tecnici. Ma guai a sottovalutarli. Il forzista Pierantonio Zanettin, innamorato del sondaggio per scegliere i membri del Csm, brutalmente si dice «deluso» però del sistema elettorale. Al contrario, Enrico Costa, ex forzista, ora Azione, che è stato il primo a proporre la legge australiana, è arcicontento: «E pensare – dice – che la prima a parlarmi di questo meccanismo fu Jole Santelli».
Dubbiosi i leghisti e i grillini, in attesa di leggere con attenzione le carte, sono più che favorevoli Italia Viva e i dem. «Ci sono tutti i presupposti per una riforma seria», sostiene Alfredo Bazoli, Pd. È soddisfatto in particolare dell’irrigidimento dei passaggi da una funzione all’altra. «Fu una nostra proposta, introdotta nel ddl Bonafede, e ora confermata dalla commissione Luciani. Con soli due passaggi, è una separazione di fatto. Se passerà, il referendum leghista non avrebbe più senso».
Francesco Grignetti