Quando sbagliano i magistrati: 30mila innocenti in cella

Quando sbagliano i magistrati: 30mila innocenti in cella

Dal 1992 le ingiuste detenzioni sono costate allo Stato quasi 800 milioni di risarcimenti. Ma dovrebbero essere le toghe a pagare per i loro errori…

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libero logodel 9 aprile 2021

Circa 30mila innocenti in carcere dal 1992, e, nel dettaglio, 46 milioni di euro spesi dall’Italia nel solo 2020 per ingiuste detenzioni e per errori giudiziari. Se è vero che censire gli errori giudiziari o la galera ingiusta in Italia – detto da chi ne ha scritto cento volte – significa incappare ogni volta nell’incertezza, è anche vero che tra le associazioni più affidabili c’è senz’altro
«errorigiudiziari.com» che ha fornito dati completi e soprattutto estesi, e che sono quelli esposti in apertura.

Ma non è tutto, purtroppo: questo premettendo che c’è differenza tra le vittime di ingiusta detenzione (cioè coloro che subiscono una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, salvo poi venire assolte) e chi subisce un errore giudiziario in senso stretto (vale a dire quelle persone che, dopo essere state condannate con sentenza definitiva, vengono assolte in seguito a un processo di revisione).

Ci sarebbero – oddio – anche le vittime che ricorrono per la responsabilità civile dei giudici, ma non ne teniamo conto per la semplice ragione che dal 1988 (quando fecero la prima legge dopo il caso Tortora) nessun giudice ha mai risarcito le sue vittime: neanche uno, mai. Nella sostanza, quella legge none c’è.

Scagionato uno su due

Quindi nel calcolo rientrano gli errori propriamente detti – riconosciuti cioè da una procedura di revisione del processo assai difficile da ottenere – oltre ai casi di ingiusta detenzione cautelare, ma andrebbero conteggiati anche i casi di prescrizione oltre a quelli ovviamente di chi ha visto concludersi un procedimento con un proscioglimento: viene mediamente scagionato quasi un imputato su due.

Dal 1999 non sono più previsti limiti per il risarcimento, ma prima di allora la «riparazione» oscillava tra le 70 e le 90 mila lire al giorno: questo a patto che l’Awocatura dello Stato non trovasse un cavillo che impedisse ai disgraziati di prendere i soldi.

Complice un iter macchinoso, tra coloro che ne avrebbero diritto chiede il risarcimento uno solo su cento. Vediamo i numeri con più precisione. Dal 1991 al 2020 i casi sono stati 29659; in media, poco più di 988 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi erisarcimenti veri e propri: 869.754.850 euro, per una media appena superiore ai 28 milioni e 990 mila euro l’anno.

E chi sono i campioni? Il distretto di Napoli – tu guarda – spicca nella graduatoria con 101 casi nel 2020, e lo stesso distretto figura nelle prime tre posizioni da 9 anni consecutivi ( 6 volte è stato primo). A Napoli hanno anche il record dei casi raggiunti in un anno: 211 nel 2013. Al secondo posto ecco il distretto di Reggio Calabria con 99 casi, terzo quello di Roma con 77 casi. Il record di spesa – parliamo ancora del 2020 – appartiene a Reggio Calabria e Catanzaro con rispettivamente 7.907.008 euro e 4.584.529 euro. In terza posizione Palermo con 4.399.791 euro.

Su base pluriennale, Catanzaro è il primo distretto italiano per entità di indennizzi per ingiusta detenzione: solo negli ultimi 9 anni lo Stato ha versato quasi 51 milioni di euro. Il picco è stato nel 2018 con quasi 10 milioni e 400 mila euro, e, dal 2012 a oggi, la Calabria ha assorbito più del 35 per cento del totale degli indennizzi nazionali. I primi quattro importi più alti – ha spiegato l’associazione – sono sempre andati a Catanzaro e a Reggio Calabria.

Va da sé che metterla su un piano solo contabile mette un certo disagio, perché ci sono esperienze che non sono risarcibili: il vergognoso dispendio di risorse pubbliche, perciò, è solo un aspetto del problema. Ce lo facciamo bastare, per oggi: posto che il più cospicuo indennizzo spesso non elimina marchi indelebili sulle vittime e davanti a comunità, colleghi e famiglie che sovente ne escono distrutte. Poi, appunto, ci sono i numeri: pare evidente che i dati sugli indennizzi per ingiusta detenzione, in termini di spesa e di numero di indennizzati, come visto, sono molto disomogenei sul territorio nazionale: ci sono tribunali in cui le ingiuste detenzioni sono numerosissime e fori dove si registrano solo sporadicamente.

Il tema naturalmente ha molto a che fare anche con la lunghezza dei processi: gli indennizzi non a caso intervengono generalmente dopo più di dieci anni dall’ingiusta carcerazione, anche perché occorre aspettare il terzo grado e la sentenza definitiva. E sono dieci anni durante i quali la persona rimane esposta al pregiudizio e al sospetto. Detto tutto questo, bisognerebbe trovare qualcuno disposto ancora a negare che la custodia cautelare sia utilizzata anche per obiettivi diversi da quelli per cui è ammessa, qualcuno magari che neghi pure che la totale e perletta irresponsabilità dei magistrati, in tal senso, non giochi un ruolo decisivo. Fa niente. Per gli errori finora ha sempre pagato solo lo Stato, il magistrato non ne risponde.

Limite massimo

Una curiosità, infine, per chi si avviasse a una brillante carriera da galeotto innocente: il limite massimo di un indennizzo per ingiusta detenzione risulta di
516.450,90 euro, di più non si mai riusciti ad ottenere.
Da questa base possiamo calcolare la somma prevista per un singolo giorno di detenzione.
Basta dividere la cifra per il numero massimo di giorni previsti dalla legge per la custodia cautelare, ossia 6 anni alias 2186 giorni.
Fanno 235,82 euro al giorno nello stra-migliore dei casi.
E i domiciliari? In genere la cifra si dimezza: 117,91 euro, che sarebbe un affare, in tempi di Covid e di domicili coatti.

Filippo Facci

 

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