Condannato per errore? C’è la riparazione dell’art. 643. Durato troppo il processo? C’è la legge Pinto. Reclusi in carcere in meno di 3 metri? Ecco la detrazione di pena o gli 8 euro al giorno dell’art. 35 ter dell’ordinamento penitenziario…
Tratto dadel 22 dicembre 2020
Come un fulmine in testa, il processo, e poi chi s’è visto s’è visto: il malvezzo di assimilarlo a una partita di calcio, dove nella sentenza si «vince» o si «perde», a lungo ha avuto il paradossale effetto di ritardare la consapevolezza di quanto sull’imputato, pur assolto, possa pesare il danno economico causato dal doversi difendere non da un errore giudiziario o dalla irragionevole durata del processo (già indennizzabili), ma dalla regolare celebrazione di una attività processuale del tutto legittima e perfettamente condotta nel rispetto delle norme.
Da tempo la Germania paga le spese difensive all’imputato che, assolto con formula piena, non abbia ostacolato o ritardato il giudizio; e altri Paesi hanno affrontato i «danni da attività processuale», tema nel 2017 di uno studio (che pareva fantascienza quando qui se ne era trattato) del professore Giorgio Spangher con 5 università di Roma, Salerno, Palermo, Foggia e Bari.
Ma ora anche in Italia, nella legge di Bilancio, per la prima volta una norma introduce il rimborso delle spese legali, sino a 10.500 euro, all’imputato assolto con sentenza irrevocabile con formula piena («non aver commesso il fatto», «il fatto non sussiste», «il fatto non costituisce reato»).
Bonificata dalle tentazioni punitive della magistratura serpeggianti nei primi disegni di legge dal 2012, la novità ha invece senso in una chiave solidaristica: proprio perché in Italia vige per fortuna) l’obbligatorietà dell’azione penale, è ragionevole che la collettività, che all’imputato chieda il sacrificio di un processo per accertare un fatto proprio nell’interesse di tutti i cittadini, poi in caso di assoluzione piena si faccia carico del sacrificio economico affrontato dall’imputato per pagarsi la difesa. Si potrà discutere se il tetto di 10.500 euro sia basso, se i 5 milioni l’anno stanziati siano capienti, se sia giusto escludere i prosciolti e gli archiviati in indagini preliminari.
Ma intanto conta il principio. Con una sola remora: quella di complessivamente non esagerare nel sistema con i già non pochi rimedi compensativi. Arrestato per sbaglio? C’è il risarcimento per ingiusta detenzione (art: 314).
Condannato per errore? C’è la riparazione dell’art. 643. Durato troppo il processo? C’è la legge Pinto. Reclusi in carcere in meno di 3 metri? Ecco la detrazione di pena o gli 8 euro al giorno dell’art. 35 ter dell’ordinamento penitenziario.
Sempre meglio che niente, come «compensazioni». Ma a patto che, a forza di «rimediare», non certifichino, in una sbiadita copia standard, la rassegnata rinunzia al diritto-originale leso.
L. Ferrarella